I cent’anni di Stella Levi

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stella levi

«La mia vita cambiò d’improvviso. La mia esistenza era ridotta a una cosa di poco conto. Non aveva più valore. Avevo perso la mia comunità, la mia storia, il mio futuro». Sono le parole di Stella Levi, nata a Rodi il 5 maggio 1923. Il 5 maggio compie 100 anni. Era il luglio 1944. Stella ricorda con dolore pungente quel mese e quell’anno che le avevano tolto ciò a cui più teneva: la scuola, le amicizie, la famiglia, la comunità, la normalità e con essa la sua giovinezza.

Avevo incontrato Stella Levi a New York presso l’Italian Cultural Institute e rivista nell’ambito di iniziative organizzate dalla Casa Italiana Zerilli-Morimò della Columbia University, ma soprattutto presso il Centro Primo Levi, dove Stella è figura insigne e instancabile lavoratrice da anni. Ciò che mi aveva più colpito nel vivido racconto di Stella, non era tanto la narrazione del campo di concentramento a cui era stata condannata, quanto invece il momento del trauma, della frattura esistenziale, nella cesura fra un prima e un dopo, iniziato con il dolore per l’abbandono della scuola. Per la prima volta aveva sperimentato l’esclusione, la percezione della sua “diversità” indotta dalla forzata rinuncia all’istruzione, a cui teneva con tutta sé stessa. La rincorrerà per tutta la vita.

Le leggi razziali del 1938 avevano infatti privato le persone di origine ebraica del proprio lavoro, del diritto all’istruzione, dei luoghi dell’abitare, di ogni tipo di proprietà, togliendo successivamente con le deportazioni il diritto stesso di avere il diritto primario sulla propria vita. Luglio 1944 aveva tolto definitivamente a Stella la normalità, travolta in un tragico viaggio che attraverso il Mediterraneo la porterà in Germania. Comincia un percorso di disumanizzazione e di bestializzazione, come ricorda il numero inciso sul suo braccio: A – 24409.

Stella Levi è nata a Rodi, al tempo colonia italiana del Dodecaneso, a seguito della sua occupazione nel 1912. Era un’isola assai fiorente e cosmopolita, dedita al commercio e allo scambio fra culture. La convivenza fra comunità di origini diverse era quotidiana. A Rodi vivevano tra l’altro in pace greci, turchi ed ebrei sefarditi. Era una terra multilingue e multireligiosa. Il suo porto era accogliente, così come le sue calde acque.

Stella abitava a La Juderia e parlava il ladino. Frequentava una scuola di suore, dove però il rabbino impartiva settimanalmente lezioni di cultura e di religione ebraica. Studiava greco antico, latino, filosofia, letteratura. Amava l’opera, la poesia e la cultura classica. Aveva scelto di essere italiana, nonostante non avesse mai vissuto in Italia.

Nel luglio 1944 il destino di Stella diventa uguale a quello di milioni di ebrei. L’8 settembre 1943 il governo Badoglio aveva firmato l’armistizio con gli Alleati, a cui era seguita nello stesso mese la fondazione della Repubblica sociale italiana. Inizia così l’occupazione nazi-fascista anche nelle colonie. Rodi subisce la stessa sorte. Ci sono rastrellamenti. L’intera comunità ebraica viene deportata, sulla base degli elenchi forniti agli occupanti da parte delle autorità collaborazioniste. Ma, come mi aveva ricordato Stella, nonostante le conoscenze e la vita comunitaria, nessuno degli amici italiani era intervenuto a difesa della popolazione ebraica. Stella cerca di capirne il motivo: forse non immaginavano a quale sorte stessero andando incontro. Era impensabile. Si tratta però forse di ciò che Liliana Segre ha definito «indifferenza». In molti incontri, la senatrice a vita ha infatti ricordato la sua storia, chiedendosi perché e come fosse stato possibile che nessuno dei suoi compagni di classe si fosse chiesto perché Liliana non frequentava più la scuola e che ne fosse stato di lei. E i genitori non aiutavano certo i loro figli in questo.

Stella non riesce a pensare di aver vissuto in una comunità apparentemente libera, ma che nei fatti nascondeva tratti antisemiti e pregiudizi razziali. A Rodi furono caricati sulle navi duemila ebrei. Fra questi c’è Stella con la sua famiglia. Era luglio. Faceva molto caldo. Stella chiede di poter fare l’ultimo bagno nelle calde acque del Mar Egeo. Le viene concesso. Fu l’ultima sensazione di un’esistenza libera che si congedava da una giovinezza spensierata.

Stella arriva ad Auschwitz dopo dieci terribili giorni di sofferenze, trasbordata assieme ad altri su navi, carri e treni. L’intera famiglia di Stella fu subito sterminata. Stella, allora ventunenne, riesce a sopravvivere. Ma nel campo di concentramento si sentiva quasi un’estranea, come se fosse una minoranza nella minoranza. Attorno a lei c’erano sì tanti altri ebrei, ma erano di origine ashkenazita, parlavano l’yiddish e provenivano dall’Europa centrale e orientale. Stella era sefardita; parlava il ladino ed era italiana. Li capiva a stento. Aveva poca compagnia in quell’inferno di vite deprivate, anche se mai sopraffatte nella loro umanità.

Dei duemila ebrei iniziali, solo 151 rodensi riescono a sopravvivere ad Auschwitz, fra questi ci sono Stella e la sorella Renée. La liberazione tardava però a venire. Inseguiti dall’avanzata degli Alleati, i nazisti decisero di spostare i prigionieri da Auschwitz a Dachau. Qui Stella e Renée vengono liberate dalle truppe americane il 16 aprile 1945. Fu chiesto allora ai sopravvissuti dove volessero andare a vivere. Tutte le case degli ebrei a Rodi erano state nel frattempo occupate ed espropriate. Stella non ebbe alcun dubbio: voleva andare a vivere in Italia, dove per altro non aveva mai abitato, ma che considerava la sua patria. La scelta cadde su Firenze, una città che le ricordava la cultura umanistica che aveva studiato e amato, ma che era stata bruscamente troncata. La vita nella «patria trovata» fu però irta di ostacoli.

Alla fine degli anni ’40, Stella decide allora di emigrare a New York e di ricominciare una nuova vita. Ed è qui che lei ha continuato a lavorare fino a oggi a favore della cultura e della comunità italiana, di cui si sente parte, senza però far dimenticare ciò che è accaduto e ciò che potrebbe ancora succedere se le coscienze non venissero messe continuamente in guardia, di fronte a quei pericoli letali che la brutalità umana perpetua con violenza. Il 30 dicembre 2022 il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Stella Levi l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana.

La storia di Stella Levi è raccolta nel testo di Michael Frank, «Cento volte sabato. Stella Levi e la ricerca di un mondo perduto», traduzione di Marco Rossari, Einaudi,in libreria dal 9 maggio 2023 (pp. 256,19,50 euro)

*Marina Calloni è professoressa ordinaria di Filosofia e Politica sociale, all’Università di Milano-Bicocca. Tra i suoi progetti: «Razza e Istruzione. Le leggi anti-ebraiche del 1938», https://razzaeistruzione.unimib.it/ dove è scaricabile un ebook che raccoglie anche le immagini della mostra omonima, inaugurata da Liliana Segre.

Di Marina Calloni
Fuente: Corriere della sera | 5/5/2023

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One comment

  1. Avram HAYLI (HABIB)

    Pouvez-vous je vous prie me mettre en relation avec Stella LEVI, et lui donner mon nom. Je m’appelle Avram HABIB (changé en HAYLI par l’état turc). Je suis un cousin germain de Lucia HABIB, la fille de Bohor HABIB (le frère aîné de mon père Vitali HABIB, né à Gallipoli) et de Regina HASSON, déportée de Rhodes dans le même convoi que Stella LEVI. Je cherche à savoir si Lucia s’était mariée (avec un LEVI de Kos je crois) et si elle avait un enfant. Vous pouvez me répondre en français, en anglais, en espagnol ou en italien. C’est urgent, j’ai presque 86 ans. Merci d’avance.

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