FERRARA AI TEMPI DELLA DIASPORA SEFARDITA

LA «FUGA DEGLI EBREI» E L’ADDIZIONE ERCULEA
di Vera Vitartali

Per Isabella e Ferdinando sovrani della Spagna alla fine del 1400, il popolo ebreo fu un espediente per osteggiare la grande minaccia dei Mori. Un popolo pieno di risorse economiche che poteva far fronte all’ingente spesa militare che pesava sulle spalle dei due regnanti. In seguito alla sconfitta dei Mori, Il paese diventa intollerante nei confronti delle popolazioni “non cattoliche”; non c’è più spazio per la molteplicità religiosa.

Nel 1492 i due regi firmarono l’editto di Granada che prevedeva l’espulsione di tutti coloro che erano considerati “diversi”. Ebrei, musulmani, presunte streghe e omosessuali furono costretti ad abbandonare la Spagna. L’unica possibilità di rimanere era convertirsi. Rimanere significava vivere sotto l’occhio vigile dell’inquisizione, significava abbandonare le proprie origini.

All’inquisizione non si scappava, era dappertutto. I cittadini dovevano stare attenti ai posti che frequentavano, al cibo che mangiavano, ai libri che leggevano e ai discorsi che facevano, perché lei era sempre lì in agguato.

“Poserò la testa sulla tua spalla e farò un sogno di mare e domani un fuoco di legna perché l’aria azzurra diventi casa chi sarà a raccontare chi sarà, sarà chi rimane io seguirò questo migrare seguirò questa corrente di ali”.

Ci commuovono le parole di Fabrizio de André, che trasmette attraverso la sua canzone lo stato d’animo di questi uomini combattuti tra il partire e il restare.

Ancora di salvezza per l’etnia ebrea fu Ferrara. La città in questo periodo storico fu soggetta a un riassetto urbanistico.

Agli inizi del 1400 si presentava come un piccolo borghetto ad impianto medievale. I primi interventi del riassetto risalgono agli anni di Borso I d’Este (1413-1471) che ampliò la città verso l’isola di S. Antonio in Polesine, bonificando l’area.

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In seguito, Ercole I D’Este (1431-1505) che governava la città durante la diaspora, considerò l’evento come fonte di ricchezza. Il popolo ebreo non avendo potuto acquistare beni materiali all’interno della cattolica Spagna in quanto città di Dio, disponeva di ingenti somme di denaro. Per l’occasione, Ercole insieme alla collaborazione dell’architetto Biagio Rossetti, compì la così detta Addizione Erculea.

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Con il suo piano, Ferrara, conosceva un ampliamento senza precedenti: triplicò le dimensione del tessuto urbano.

Gli interventi previsti in questo periodo, avevano anche l’obiettivo di difendere la città dall’espansione veneziana: vennero costruite nuove mura fortificate ,che delinearono il nuovo perimetro, dotate di terrapieni e baluardi. Le vecchie mura rimasero come elemento ornamentale.

Quello che era il castello estense, trovandosi in una zona prima marginale sulle vecchie mura, diventò il baricentro della città. Dal castello partiva la nuova viabilità che seguiva la proposta albertiana. Corso I d’Este,diventò il mezzo di collegamento fra la parte sud del centro storico dove era collocato il castello e la parte nord delle mura. La sua funzione era quella di ospitare le residenze dei cortigiani, era quindi una riverberazione della corte. Ai 2/3 di esso si intersecava via dei parioli che arrivava alla nuovissima piazza che si apriva tangente al nuovo asse viario (anche questa impostazione ripresa dai dettami albertiani).

L’impianto urbanistico venne arricchito da edifici come Palazzo dei Diamanti. Così chiamato grazie all’inedito paramento lavorato in marmo a punta di diamante, fu progettato da Biagio Rossetti e costruito per conto di Sigismondo d’Este, fratello del duca Ercole I d’Este, a partire dal 1493. Con l’innovativo paramento l’architettura diventa ornamento della città.

Fuente: instoria.it

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